La svolta è arrivata poche ore fa dopo una notte di interrogatori serrati che hanno portato a risalire ai presunti colpevoli della strage avvenuta domenica scorsa.
A tre giorni dalla tragedia del Mottarone con il crollo della cabina della funivia in cui sono morte 14 persone e solo un bambino sopravvissuto, ci sono tre fermati. Gli interrogatori sono stati disposti nelle scorse ore dalla procuratrice della Repubblica di Verbania Olimpia Bossi che con il pm Laura Carrera hanno fin da subito coordinato le indagini.
I tre fermati al momento sono Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l’impianto, la Ferrovie Mottarone srl, il direttore e il capo operativo del servizio.
Nei confronti del primo è infatti emerso “un quadro fortemente indiziario”. L’analisi dei reperti ha permesso di accertare che “la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso”.
Le indagini però non sono finite. Si attende ora l’intervento dei tecnici per confermare quanto emerso dai primi accertamenti. La procura di Verbania intende infatti “valutare eventuali posizioni di altre persone”.
Tre fermi per la strage: testimoni dichiarano che si poteva evitare
Molte sono le testimonianze dei disservizi e problemi tecnici evidenziati nel tratto della funivia da parte di utenti che l’avevano usata nei giorni precedenti alla sciagura o di imprenditori che vivono nelle vicinanze dell’impianto di risalita.
Uno fra questi è Alberto Gozzi che gestisce un maneggio ai piedi del monte Mottarone che riferisce sconvolto:
“Come puoi immaginare che accada una cosa del genere? In undici anni ho visto due volte interventi per far scendere le persone con il verricello perché si erano accavallati i cavi, ma qua cos’è successo? Non è mica il Cermis”.
Dopo l’incidente di domenica mattina i cavi sono caduti anche vicino alla sua scuderia senza fare però grossi danni. “Il cavo è atterrato qui dolcemente perché aveva meno velocità” – spiega a Repubblica, ma poteva essere una strage se fosse caduto sopra casa sua. “La settimana scorsa c’erano degli addetti della Leitner con i loro furgoni che probabilmente controllavano qualcosa”.
di ARIANNA BABETTO