Alcune regioni italiane presentano casi di variante indiana: la situazione preoccupa anche gli esperti
La situazione epidemiologica italiana sembra stia subendo un nuovo cambiamento. Dopo le notizie incoraggianti di inizio settimana, confermate anche dal passaggio in fascia bianca di altre sei regioni, lo spettro del virus e delle sue mutazioni torna, purtroppo, ad affacciarsi.
E così, dopo quella dominante inglese, si parla di variante “delta” o indiana ritenuta maggiormente contagiosa nella misura del 60%. La situazione delle mutazioni del virus preoccupa soprattutto per la loro imprevedibilità ed eventuale capacità di resistere ai vaccini; di qui la necessità di monitorarla costantemente e tenerla sotto controllo.
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La variante “delta” o indiana del coronavirus inizia ad allarmare anche gli esperti che temono possa prendere piede in Italia come sta accadendo nel Regno Unito. Per questo risulta prioritario tenere sotto controllo la sua diffusione. Come ha osservato Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università di Milano, il numero di casi assodati potrebbe rivelarsi più alto rispetto a quanto stimato.
Le regioni finora interessate da questi episodi sono la Lombardia con 81 casi, la Sardegna con 12 casi e la Puglia con 25. Una circostanza che, come affermato dal governatore pugliese Michele Emiliano, “preoccupa molto perché potrebbe essere meno sensibile ai vaccini: rischiamo di non avere l’immunità di gregge ad ottobre”.
La mutazione presenta sintomi diversi dal comune Covid, molto più vicini ad un raffreddore; particolare che la rende ancora più subdola in quanto difficilmente individuabile. E così la stima d’incidenza attuale nel nostro Paese, che si attesta intorno all’1%, potrebbe non corrispondere alla realtà. L’arma importante per fronteggiarla continua ad essere comunque il vaccino: Pfizer, con la sua doppia dosa, dovrebbe garantire una copertura del 79% ed AstraZeneca quella del 60%.
Intanto, dopo le polemiche degli ultimi giorni, l’Aifa ha dato il via libera alla seconda dose con Pfizer o Moderna per gli under 60 che hanno già ricevuto la prima dose di AstraZeneca. Un cambiamento che potrebbe rivelarsi ancora più efficace sul fronte immunitario.
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