Stefania Puglisi è scomparsa da Catania, quando aveva solo 10 anni: di lei dal 6 dicembre 1981 non si ebbe più alcuna notizia.
Una foto in bianco e nero ed il ricordo, queste sono le uniche cose che rimangono della piccola Stefania Puglisi. Una bambina di soli 10 anni, dagli occhi vispi e l’adorabile sorriso, svanita nel nulla il 6 dicembre 1981 da San Giovanni Galermo, un noto quartiere di Catania.
Uscì da casa della nonna, dove aveva allestito l’albero di Natale, per recuperare una scatola dove avrebbe riposto altri addobbi. Ma non fece mai più rientro. Le dichiarazioni di un’amichetta, con cui aveva parlato poca prima di scomparire, gettarono la famiglia nello sconforto.
Stefania Puglisi scomparsa da Catania, il 6 dicembre 1981
Stava per arrivare Natale ed insieme alla nonna, come di consueto, Stefania Puglisi stava addobbando l’albero. Uno dei momenti dell’anno preferito dai bambini che si lasciano trasportare dall’immaginazione di un Babbo Natale che porterà loro tanti regali.
Eppure la piccola che nel 1981 aveva solo 10 anni, mai avrebbe potuto immaginare che quel momento non l’avrebbe vissuto.
Era il 6 dicembre e fervevano i preparativi. L’abete era addobbato ma mancava qualcosa. Una scatola dove Stefania avrebbe riposto quanto non sarebbe servito. Dove cercare? La piccola che viveva a San Giovanni Galermo, quartiere di Catania, pensò di controllare nella sua abitazione o di cercare nella vicina discarica. che sorgeva nelle prossimità.
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Un percorso brevissimo, quello dalla casa della nonna che l’avrebbe condotta a cercare la scatola, nel quale decise di farsi accompagnare da un fidato amico: un pinocchio giocattolo di legno che stringeva forte a sé. Uscita dall’abitazione, la piccola incontrò un’amichetta di nome Enza. Le due scambiarono poche parole dopo di che Stefania si allontanò. Alla discarica non giunse mai. La bambina con cui aveva parlato poco prima riferì un particolare inquietante: tre uomini avevano rapito Stefania. Uno di loro, il quale indossava una giacca mimetica, la presa per il braccio costringendola a salire su di una Fiat 500.
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I genitori della piccola si recarono immediatamente dagli inquirenti riferendo anche chi, a loro dire, avrebbe prelevato con la forza la bambina. Si sarebbe trattato del fratellastro del padre di Stefania, Riccardo Puglisi. Ma perché compiere un gesto simile? La coppia riferì che tra loro si erano create forti tensioni e che, poco prima dei fatti, l’uomo era stato in casa loro maltrattando la cognata e chiedendo dove si trovassero i bambini.
Inoltre, la donna riferì agli inquirenti che Riccardo in quel periodo era militare ed indossava una giacca appartenente alla divisa. Non solo, era arrivato a bordo di una Fiat 500 con un fanale rotto.
I genitori di Stefania dissero, in aggiunta, agli inquirenti che anche altre due persone avevano assistito all’accaduto. In particolare si trattava di un adolescente di nome Giuseppe Allia, il quale confermava la versione della piccola Enza ed aggiunse di aver riconosciuto Riccardo Puglisi. L’amichetta di Stefania aggiunse un particolare: disse di aver provato a salvarla, ma senza risultato.
Le ricerche vennero attivate molto ore dopo la denuncia. A notte fonda i carabinieri iniziarono a scendere in campo con l’unità cinofila. I cani si scagliarono immediatamente contro una Fiat 500 appartenente proprio a Riccardo Puglisi. Gli agenti a quattro zampe si diressero poi verso un’abitazione in un complesso di case popolari che sulla carta avrebbe dovuto essere vuoto. Nello stesso luogo poche ore prima si era recato uno zio di Stefania che con il suo cane aveva iniziato in solitaria le ricerche.
Quando gli agenti seppero che l’abitazione risultava vuota si dispensarono dall’effettuare perquisizione. Eppure quella casa era stata assegnata proprio alla famiglia di Riccardo Puglisi il quale ne possedeva già le chiavi.
Una donna, vicina di casa dell’uomo, raccontò ai genitori di Stefania che Riccardo – la sera prima dei fatti- si era precipitato a parlare con sua madre, la quale sembrò estremamente sconvolta da quanto dettole dal figlio. Non solo, sarebbe uscita poi consegnandogli una coperta. Puglisi venne ascoltato dagli inquirenti ai quali fornì un alibi immediatamente smontato.
Giuseppe Allia, invece, il ragazzo di 15 anni che vide come Enza il momento del rapimento, non venne mai ascoltato. Anzi, a poco dalla scomparsa di Stefania seguì all’estero un amico Mario Marchese. I due non fecero mai più ritorno a Catania.
Le indagini si fermarono e parve che il caso, di cui si è occupata la redazione della trasmissione Rai “Chi l’ha visto?”, fosse finito in un cassetto. Eppure così non fu: nel 2011 il legale della famiglia, l’avvocato Gino Grassia presentò un’istanza chiedendone la riapertura sottolineando tutte le lacune delle indagini e presentando nuove prove. Nell’ambito di alcune sue indagini ascoltò delle persone le quali riferivano che Puglisi avrebbe confidato a qualcuno, all’epoca, di essere in grado di far ritrovare la piccola e di sapere dove si trovasse. L’uomo, però, ha sempre negato ogni addebito, riferendo anzi di essere stato rapito una volta dal fratello della cognata il quale voleva che dicesse la verità. Ma Puglisi, non disse nulla, anzi affermando di non poter dire nulla perché non immischiato nella vicenda.
Non solo, Riccardo Puglisi additò proprio la madre della bambina dicendo che era stata lei a venderla. La risposta della donna non si è fatta attendere ribattendo che non ha mai smesso di cercare la sua bambina.