Bruno Romano scomparve il 26 dicembre del 1995 quando aveva solo 12 anni da Roma: del piccolo che viveva in una roulotte non si seppe più nulla.
Viveva a Roma con la sua famiglia in una roulotte a Ponte delle Valli, il piccolo Bruno Romano. Un campo della Capitale sito tra il quartiere Africano e Montesacro, dove la precarietà si palesava evidente. Dove spesso anche il cinema era arrivato come un grido di protesta per denunciare le condizioni in cui in quelle borgate numerose famiglie erano costrette a vivere. Nino Manfredi, nella sua commedia grottesca “Brutti, sporchi e cattivi” ne aveva raccontato ben 20 anni prima le crude verità.
Il piccolo Bruno era uno dei protagonisti, nella vita reale, di quella dimensione che il 26 dicembre 1995 lo inghiottì per sempre quando aveva solo 12 anni.
Frequentava le scuole elementari e viveva con la madre, il padre ed otto fratelli all’interno di una roulotte a Ponte delle Valli tra il quartiere Africano e Montesacro.
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Era il giorno di Santo Stefano quando uscì dalla sua abitazione per recarsi verso viale Somalia. Durante il tragitto ebbe un breve incontro con la nonna, che si trovava in un’altra roulotte poco distante dalla sua famiglia. Fu la donna l’ultima a veder vivo il piccolo Bruno del quale da quel momento si perse ogni traccia. Neppure al Villaggio Olimpico, dove aveva casa lo zio il ragazzo sarebbe stato visto.
Le indagini vengono attivate e gli inquirenti iniziano a cercare eventuali indizi scavando nella vita privata della famiglia del piccolo. Nulla di rilevante emerge battendo questa pista, se non qualche piccolo screzio tra vicini. Il caso di Bruno Romano inizia ad intorbidirsi quando gli inquirenti scoprono una vicinanza del piccolo al mondo della prostituzione omosessuale creatosi attorno alla stazione di Roma Termini.
Proprio in quel punto nevralgico della Capitale, numerosi uomini avvicinavano i ragazzini per ricevere prestazioni di carattere sessuale. Il dubbio è che uno di loro potesse aver rapito Bruno. I sospetti si indirizzano verso un fotografo che i fratelli del 12enne dissero di aver visto aggirarsi nel campo, per scattare loro delle foto.
A due anni dalla scomparsa, riporta la redazione di Fanpage, la vera svolta. Una fonte della Procura di Roma effettuò importanti rivelazioni. All’interno di un’informativa firmata anche dal vicequestore Nicola Calipari – morto da eroe anni dopo a Bagdad- si parlava di una persona benestante che aveva un ufficio al quartiere Africano. Un fotografo incline alla pedofilia che poneva in essere tali condotte insieme alla sua fidanzata e che riprendeva i truci rapporti con la telecamera.
Tutte le immagini venivano poi fatte circolare all’interno di un perverso circuito. Nell’informativa, letta nel corso di una puntata della trasmissione “Chi l’ha visto?” occupatasi anch’essa del caso, si leggeva anche che quest’uomo avrebbe avvicinato Romano insieme alla compagna, lo avrebbero sequestrato e poi costretto ad avere rapporti sessuali.
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Si trattava di Marco Fassoni Accetti, un uomo il cui nome già noto alle forze dell’ordine continuerà a riecheggiare sulle pagine di cronaca per altri casi tra cui quello ribattezzato dalla stampa come il caso Skerl.
La sua casa, nell’ambito delle indagini sulla scomparsa di Bruno Romano, venne perquisita. Ma nessun indizio o collegamento rinvenuto.
La famiglia Romano non ha mai perso le speranze di poter riabbracciare Bruno. Nonostante gli anni ormai trascorsi credono che un giorno farà ritorno a casa.
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