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Interviste

Richy Portera a Yeslife: “Cosa ho ereditato da Lucio Dalla”

Intervista esclusiva a Richy Portera, chitarrista e amico di Lucio Dalla. L’artista ci ha raccontato qualche retroscena della sua carriera

Il chitarrista Richy Portera (Ufficio stampa)

Richy Portera è uno dei chitarristi più affermati nel panorama della musica italiana. I suoi lavori sono conosciuti in tutto il mondo, merito anche della sua amicizia e collaborazione con Lucio Dalla.

I due hanno lavorato insieme, uno accanto all’altro, insperabili. Oggi dopo anni dalla morte dell’artista, il chitarrista ha voluto raccontare a noi di Yeslife qualche retroscena del suo rapporto con Dalla e alcuni particolari della sua carriera.

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(ufficio stampa)

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La chitarra è il suo strumento, da cosa è dipesa la scelta? 

Veramente, io avrei voluto suonare la batteria, cosa che non mi è stata possibile in quanto strumento rumoroso. Mamma, quando vide la mia passione per la musica, mi diede in mano ad un insegnante di sax, che fortunatamente sparì dopo tre lezioni. I miei cugini, da Milano, si trasferirono a Modena, e cominciarono a frequentare la scuola di musica del maestro Bononcini., quello fu il “LA” per mia madre, che mi costrinse ad andare a studiare canto, seguito poi da un “improbabile” consiglio ad unire il canto allo studio della chitarra, cosa che non mi fece felice. La stessa scuola era frequentata da Vasco Rossi. Diventammo amici, quindi il canto, era una specie di competizione tra noi, la chitarra NO, tanto che un pomeriggio d’estate, invece di preparare la lezione, “studiavo” fumetti, tanto che mia madre, accorgendosene, ed avendo un carattere un po’ particolare, decise di spaccarmi quella chitarra fra capo e schiena. Da lì, non so se la paura o la botta, fu complice di un mio legame patologico alla chitarra.

La sua esperienza più bella?

Sicuramente, a undici anni, quella di lavorare nei night accompagnando gli strip- tease. Imparai sacco di cose, sia musicalmente, suonando ore ed ore, sia facenti parte della vita.

Che cosa ha rappresentato per lei Lucio Dalla?

Lucio è stato una parte della mia famiglia, trentatré anni sono tanti. Lucio è stato un maestro, e la sua intelligenza, ha fatto in modo che lo diventassi anche io nei suoi confronti. Ci siamo scambiati gli insegnamenti. Mi ha fatto capire che la musica non è un dover stupire gli altri, ma un’emozione da trasmettere, un raccontare la propria interiorità attraverso le note, le parole, i gesti.

Cosa le ha lasciato un artista come lui?

La responsabilità di non “usare” la musica per fare cazzate. Come sei “profondo” nei tuoi concetti, quando ti esprimi, tanto lo devi essere nella musica.

Il vostro lavoro del cuore?

Dalla, Lucio Dalla, DallAmeriCaruso. Tre album difficili da dimenticare, tre album, che io credo, un giorno si studieranno a scuola, per la loro poesia, i contenuti, le emozioni.

Quando tutto ebbe inizio?

Quando il mio batterista, grande amico, persona fantastica Angelo Degli Esposti, cominciò a lavorare per Bibi Ballandi, grande agenzia teatrale di Bologna. In un periodo di crisi economica mia, mi propose di presentarmi a Lucio che stava cercando un chitarrista, lo feci, era mercoledì, lo incontrai dopo il suo concerto, mi guardo senza parlare, ci fu un silenzio imbarazzantissimo, poi esordi dicendomi “io abito in via delle Fragole a Bologna, domani alle 15.00 a casa mia per le prove”. Venerdì ero sul suo palco al teatro Uomo a Milano.

Oggi chi è Ricky Portera?

Quando hai il complesso di Peter Pan, è difficile sganciarsi da esso, ma il raziocinio acquisito, mi ha portato a vedere le cose in maniera più obiettiva. I colpi di testa, per fortuna, non mancano, ma forse c’è il “dopo” che ti fa capire che magari hai fatto una stronzata, e ancora per fortuna, dopo averla fatta. Non voglio avere freni.

(Uffcio stampa)

Cosa direbbe al giovane Ricky Portera?

Accetta qualche compromesso in più, non è peccato, magari avresti una villa e non staresti più in affitto.

BEATRICE MANOCCHIO

 

 

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