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Scomparsi | Massimo Vona: l’auto bruciata e l’ombra della ‘ndrangheta

Massimo Vona è scomparso da Petilia Policastro (Crotone) il 30 ottobre del 2018: sul suo caso l’ombra della lupara bianca.

Massimo Vona (Chi l’ha visto?)

Una vita modesta e regolare quella condotta da Massimo Vona. Allevatore di professione, padre di famiglia, conduceva un’esistenza fatta di normalità e routine. Questo fino al 30 ottobre del 2018. Salutò la moglie ed i figli per recarsi nella sua azienda, salì a bordo della sua Fiat Punto di colore azzurro e disse che sarebbe rientrato dopo il lavoro. Promessa – purtroppo- disattesa: nel suo allevamento non arrivò mai, così come non riabbracciò mai più i suoi cari.

Di Massimo Vona, dopo quel saluto, si perse ogni traccia. Neppure il cellulare diede più segni di vita. La famiglia lanciò subito l’allarme e venne attivata la macchina delle ricerche. La svolta si registrò alcuni giorni dopo la scomparsa quando la sua auto carbonizzata fu ritrovata in una frazione di Petilia Policastro. Da quel momento le indagini presero una piega inaspettata.

Massimo Vona scomparso da Petilia Policastro (Crotone) il 30 ottobre del 2018

Un’auto incendiata, un telefono spento ed un padre di famiglia svanito nel nulla. Un mix di elementi che dirottarono immediatamente le indagini su Massimo Vona verso la criminalità organizzata.

Carabinieri (Getty Images)

Vittima di lupara bianca, questa l’ipotesi degli inquirenti, stando il ritrovamento della Punto azzurra dell’allevatore completamente carbonizzata. Rinvenuta in uno stato talmente alterato che per identificarla il reparto operativo dei Carabinieri di Crotone impiegarono diversi giorni. Da quel momento gli inquirenti iniziarono a scavare nella vita privata di Vona. Dagli accertamenti emerse che Massimo era cugino di Giuseppe e Valentino Vona, il primo morto ammazzato e l’altro superstite per miracolo a seguito di un agguato registratosi sempre a Petilia Policastro il 21 aprile del 2012. Una circostanza letta come ulteriore conferma che dietro la sparizione dell’allevatore potesse esserci la mano della criminalità organizzata.

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Le ricerche si intensificano, vengono scandagliate anche le più piccole tracce, per poter ricostruire cosa avrebbe fatto Massimo nelle ore precedenti alla scomparsa. Spunta un video, delle immagini che ritrarrebbero lo scomparso in compagnia di un’altra persona individuata poi come il suo presunto assassino.

Ed è sull’onda di questa pista che nel gennaio di quest’anno è stata portata a compimento un’operazione antimafia a seguito del quale  12 persone vennero iscritte nel registro degli indagati e ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso, estorsione, usura, detenzione illegale di armi, furto, danneggiamenti seguiti da incendio. Tutte ipotesi di reato aggravate dal metodo mafioso. Senza dimenticare l’omicidio, tra cui appunto anche quello di Vona.

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Per la Distrettuale antimafia l’allevatore sarebbe stato vittima di lupara bianca. Ucciso dopo esser stato attirato con una scusa all’interno di un’azienda agricola e poi la sua auto incendiata. Per gli inquirenti era chiaro il nome del mandante (soggetto già detenuto) e quello dell’esecutore materiale del delitto.

Gli investigatori avrebbero riconosciuto nella scomparsa di Massimo Vona il tipo modus agendi della ‘ndrangheta. L’uomo sarebbe uscito di casa e con uno stratagemma attirato in località Scardiato. Nello specifico, gli avrebbero detto che erano pronti a dargli i nomi di chi due anni prima aveva dato alle fiamme un suo capannone. Sarebbe stato proprio lì che Vona, ormai in trappola, sarebbe stato ucciso a colpi d’arma da fuoco.

Chi in quell’occasione premette il grilletto, per gli inquirenti, non era solo. L’omicidio sarebbe avvenuto in presenza di altri soggetti. Insieme avrebbero poi proceduto ad occultare il corpo del 44enne.

Stando ad alcune dichiarazione rilasciate al momento del blitz da parte del Colonnello Gabriel Mambor, comandante provinciale dei carabinieri di Crotone, Massimo Vona mesi prima della scomparsa era stato vittima di atti intimidatori. Avevano appiccato un incendio all’interno della sua stalla causando la morte di diversi animali. Per questo l’allevatore si era attivato, utilizzando i canali della malavita, per capire chi potesse essere il responsabile di quegli attacchi. Purtroppo, però, pare si fosse rivolto proprio a coloro i quali da tempo lo avevano nel mirino. Non solo, pare che Massimo Vona in un’occasione si rivolse al titolare di un’attività commerciale affinchè non licenziasse una sua amica. Anche il quel caso, però, pare che l’operazione doveva essere effettuata per far posto ad una persona raccomandata dalla malavita locale.

Secondo gli inquirenti, quindi, per la cosca di Petilia, Vona andava ridimensionato. Per tale ragione, dopo l’ennesimo avvertimento, sarebbe stato eliminato.

Carabinieri (Getty Images)

Ad oggi il suo corpo non è stato ritrovato. Le speranze di rinvenirne i resti, probabilmente, sono riposte nella possibilità che qualcuno decida di collaborare con la giustizia.

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