Il Presidente della Tunisia Kais Saied avrebbe compiuto una nuova mossa che confermerebbe i timori circa un colpo di Stato.
“Non si tratta di un colpo di Stato” ha dichiarato il presidente tunisino Kais Saied all’indomani delle sue discutibili scelte. Congelato il Parlamento, licenziato il Premier ed assunto la carica di Procuratore Generale della Repubblica, il leader ha sottolineato come in realtà si trattasse esclusivamente di un esercizio di diritti garantiti dalla Costituzione.
Eppure la situazione in Tunisia ha continuato a precipitare: con l’ultima scelta del Presidente, l’ipotesi che a breve il Paese Nord Africano possa cambiare assetto politico sembrerebbe sempre più concreta.
Licenziato non solo il Premier Mechichi, ma anche altri 20 funzionari d’alto rango tra cui anche il Generale Taoufik Ayouni.
Con questa scelta, il Presidente Kais Saied ha probabilmente confermato – in chi ancora voleva vedere della “buona fede” – che l’assetto politico della Tunisia sta subendo un serio e pericoloso stravolgimento. Così tanti sono i timori da indurre la Francia ad entrare a gamba tesa sulla vicenda.
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Il Paese d’Oltralpe diplomaticamente avrebbe chiesto l’immediata nomina del successore di Mechichi senza ulteriormente tergiversare. Un accorato appello se così lo si può definire, lanciato dal ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian al suo omologo Othman Jerandi.
La Francia ha usato un tono pacato, ma tra le righe si è letta la sua grande apprensione. In questo momento avrebbe detto Le Drian, stando a quanto riportato dalla redazione de Il Quotidiano, bisogna tutelare la popolazione e con esso lo Stato. Per farlo l’unica soluzione e mantenere la calma e salvaguardare lo Stato di Diritto. È necessario che la Tunisia torni ad essere amministrata da un Parlamento, organo che garantisce il corretto esercizio della democrazia conquistata dopo lunghe sofferenze.
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Una preghiera quella francese che pare non abbia sortito il giusto effetto. Nella giornata di ieri il Presidente Said ha silurato molte carico di spicco. A partire dal Ministro della Difesa per poi passare a quello dell’Interno e finire a quello della Giustizia.
Una mossa giudicata in aperta violazione ad ogni principio costituzionale e democratico la quale altro non farebbe che confermare una crisi ormai preannunciata da mesi.
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