La nostra intervista al Procuratore Nicola Gratteri. Lo abbiamo incontrato a Mormanno (Cs) per una serata dedicata alla legalità
È uno degli uomini di giustizia più in vista del momento, un uomo che non ha paura e che non si ferma di fronte a niente e a nessuno. E’ un calabrese doc che ha scelto di lavorare, impegnandosi in prima linea contro la ‘ndrangheta, per rendere la sua regione un posto migliore. Parliamo del Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri che dal 2016 guida la Procura di Catanzaro. Solo poche settimane fa ha scelto di rimanere nella sua regione dicendo no alla guida della Procura di Milano.
Noi di YesLife lo abbiamo incontrato a Mormanno, in provincia di Cosenza, dove è stato ospite per uno degli appuntamenti dell’Agosto Mormannese. L’amministrazione comunale e l’associazione Gruppo Folkloristico Miromagnum hanno organizzato una vera giornata dedicata alla legalità per la consegna del premio Faro, il riconoscimento che ogni anno va ad una personalità di spicco della Calabria.
Il premio è ripartito, dopo lo stop dovuto alla pandemia, con un doppio riconoscimento che è stato attribuito a Nicola Gratteri e Antonio Nicaso (in collegamento), docente presso la Queen’s University del Canada. Ai due autori del libro “Non chiamateli eroi” è andata la statuetta realizzata dall’orafo calabrese, Michele Affidato, che raffigura uno dei monumenti simbolo di Mormanno, il faro, uno dei pochi di montagna in tutta Italia.
Ai nostri microfoni il procuratore Gratteri ha parlato del suo impegno in prima linea contro la criminalità, della riforma della giustizia e di due grandi uomini come Falcone e Borsellino.
Spesso viene attaccato per la sua eccessiva presenza mediatica, lei cosa risponde? Perché tiene molto a parlare con la gente?
Io vado nelle scuole, dappertutto, per spiegare soprattutto la non convenienza a delinquere. Spiego qual è la pericolosità delle mafie, se tutto questo dà fastidio ai manovratori, a chi gestisce il potere, mi dispiace per loro ma io continuerò a parlare, a fare indagini, a fare il Procuratore della Repubblica e a raccontare i mali e le false narrazioni che ancora girano, parlando di mafia e malaffare. Per me è fondamentale che la gente sappia, malgrado le difficoltà, quello che riusciamo a fare. E’ importante che la gente si informi perché serve a fare dei passi in avanti e ad avere fiducia.
Ha deciso di rimanere in Calabria, quanto c’è ancora da fare e che cosa lei vuole fare?
Io posso rimanere a Catanzaro per altri tre anni poi dovrò trovare un’altra collocazione, un’altra procura. A me piace tanto questo lavoro, lo amo in modo viscerale. Certo c’è tanto da fare, oggi, tra un anno, due, dieci, ci sono tante indagini da completare, tanti dibattimenti da definire e andiamo avanti perché vogliamo contribuire a liberare questo territorio, la Calabria, vogliamo renderla più vivibile.
La riforma della giustizia secondo Gratteri?
Non c’è una riforma della giustizia secondo Gratteri. In questo periodo ho criticato molto la riforma Cartabia perché la ritengo il maggiore danno che si sia potuto fare al sistema giudiziario. Per sintetizzare al massimo possiamo dire che è una ghigliottina che impedisce la non procedibilità in appello e in Cassazione. La politica in parte decide quali processi si possono celebrare e quali no. Io non sono d’accordo. Fino a quando in questa riforma non sparirà il termine improcedibilità, si favorirà solo faccendieri e delinquenti. Il sistema così com’è consentirà di celebrare il 50% dei processi in appello e poi in Cassazione. E per questo capite che si celebreranno solo i processi con detenuti. E allora io ho chiesto: ma i reati contro la pubblica amministrazione, peculato, concussione non vi fanno impressione? Vi va bene che non si proceda contro questi reati? Forse perché riguardano l’anticamera della politica? C’erano 3 mila cose da fare per alleggerire il carico di lavoro nelle procure e nei tribunali. Allora si dice: ce lo chiede l’Europa ma l’Europa non ha parlato di processo penale. Ricorderete che all’inizio né Draghi né la ministra Cartabia hanno mai parlato della riforma del processo penale ma sempre del civile, poi all’improvviso è sbucata l’improcedibilità. Non è vero che l’ha chiesto l’Europa, se questa è l’Italia ne prendo atto con grande tristezza.
Tanti i giovani che la seguono, qual è il messaggio che vuole dare?
C’è un crescendo di seguito e di credibilità che la magistratura catanzarese sta avendo e questo ci conforta, ci aiuta, ma al contempo noi vogliamo trasmettere la speranza, l’idea che la Calabria può cambiare. È difficile, ci vuole grande sacrificio, impegno e costanza, ancora ci vorranno degli anni ma attualmente posso dirvi che siamo sulla strada giusta e che abbiamo fatto passi da gigante.
Questa sera si parlerà del suo libro “Non chiamateli eroi” che arriva a 30 anni dalla morte di Falcone e Borsellino, ma secondo lei oggi ci possono essere uomini come loro? E lei si sente un po’ come loro per quello che sta facendo per la Calabria?
No assolutamente, non mi posso paragonare a loro. Erano due giganti della magistratura che capivano le cose 20 anni prima degli altri per questo erano invidiati e combattuti dall’interno. Io amo queste due persone molto diverse tra loro ma amici perché avevano lo stesso obiettivo, senza sé e senza ma. Noi possiamo solo seguirne l’esempio, cercare di avvicinarci il più possibile a quella loro intelligenza, alla loro capacità di sintesi e di analisi, per il resto non è possibile fare dei paragoni.
FRANCESCA BLOISE