Il femminicidio è simbolo della cieca escalation di repressione e violenza di genere nel Paese per mano dei talebani.
L’ex agente di polizia Banu Negar, incinta di sei mesi, è stata uccisa tra le mura della sua abitazione a Firozkoh, nella provincia di Ghor dell’Afghanistan centrale, davanti agli occhi dei familiari. Secondo quanto riferito dal giornalista afghano Bilal Sarwary e dalla BBC, gli autori del femmicidio sono alcuni sicari inviati dai talebani. Il gruppo fondamentalista islamico ha difatti come scopo l’eliminazione di tutti i membri delle forze dell’ordine appartenenti al vecchio regime di Ashraf Ghani. La notizia, prontamente smentita dall’organizzazione islamica, è stata denunciata dai parenti della vittima.
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A riportare la notizia sul web, Bilal Sarwary. Il giornalista afghano ha rilasciato un tweet conciso per informare l’utenza internazionale; il post riporta: “Nigara, agente di polizia, è stata uccisa a colpi di arma da fuoco davanti ai suoi figli e al marito la scorsa notte alle 22:00 nella provincia di Ghor. Nigara era incinta di 6 mesi, è stata uccisa dai talebani.” La notizia è stata smentita dai talebani mediante dichiarazione di Zabiullah Mujaheed, portavoce ufficiale dell’Emirato islamico dell’Afghanistan. L’alto funzionario ha riferito di “essere a conoscenza dell’incidente”: “confermo che i talebani non l’hanno uccisa, la nostra indagine è in corso.”
Sin dalla presa di Kabul il 15 agosto, i talebani hanno cercato di dipingersi come organizzazione tollerante e aperta; dichiarazioni smentite dalle informazioni susseguenti la caduta della Repubblica islamica dell’Afghanistan. A seguito dell’occupazione del palazzo presidenziale e della fuga dell’ex presidente in carica Ashraf Ghani i media internazionali hanno difatti denunciato una sanguinosa escalation di episodi di brutalità e repressione. Stando alle fonti ufficiali delle associazioni per i diritti umani, nel Paese si sta succedendo una progressione di brutalità tra femminicidi, uccisioni per vendetta, detenzioni e persecuzioni delle minoranze religiose.
Le promesse iniziali relative alla tolleranza e al rispetto dei diritti umani dichiarate dai miliziani talebani all’indomani del controllo di oltre due terzi del Paese, si scontrano con la realtà delle segnalazioni. Tra le principali vittime delle violenze perpetrate dai talebani si contano tutte le donne afghane, le cui dignità sono state totalmente cancellate: giovani picchiate per aver rifiutato di indossare abiti tradizionali, manifestazioni represse; tra le vittime anche le attiviste della Fondazione Onlus Pangea, l’organizzazione no profit in attività dal 2002 per promuovere lo sviluppo economico e sociale delle donne.
L’ultima vittima degli atti di abuso e sopruso dei talebani è l’ex agente Bilal Sarwary. Secondo quanto riportano le fonti ufficiali, la donna aveva prestato servizio in un carcere detentivo prima della caduta dell’Afghanistan. Le foto circolanti sui social network sono agghiaccianti: le crude immagini mostrano macchie di sangue sul muro dell’abitazione della vittima; a terra, il suo corpo avvolto in un telo. La morte risale alle ore 20:00 e 22:00 locali di sabato 4 settembre.
I talebani continuano a sottolineare che “le donne e le ragazze avranno tutti i loro diritti all’interno dell’Islam”, ma le nuove norme, il nuovo codice di abbigliamento e le classi segregate per genere nelle università, sottolineano come la vita delle donne sia destinata a subire un’ulteriore svolta in negativo.
Fonte BBC
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