Tra le vittime anche alcuni adolescenti, morti tra gli scontri tra le truppe governative e le forze di resistenza.
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Almeno 15 morti nell’ultimo scontro in un villaggio del Myanmar, definito da The Guardian come il “conflitto più sanguinoso del Paese dal mese di luglio.” La fonte ufficiale riporta le informazione dei media indipendenti locali: secondo la testimonianza di un residente si stimano circa 15 o 20 vittime, inclusi diversi adolescenti, uccisi lo scorso giovedì (9 settembre) nei tragici scontri tra truppe governative e forze di resistenza birmane.
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Il conflitto è scoppiato giovedì 9 settembre nei pressi di Gangaw, a nord-ovest della regione di Magway. Lo scontro è esploso due giorni dopo l’appello alla “guerra difensiva popolare”, invito lanciato dal Governo di Unità Nazionale (GNU), organizzazione nata lo scorso 16 aprile per presiedere ai movimenti di Resistenza al regime golpista, responsabile dell’instabilità geopolitica del Paese asiatico a partire dal primo febbraio scorso, data del Colpo di Stato. Inizialmente pacifico, il movimento di opposizione, nato all’indomani della presa di potere da parte dell’esercito, ha gradualmente iniziato a reagire dopo che i continui episodi di abuso di potere messi in atto dell’esercito nelle operazioni di repressione delle proteste anti-golpe.
“Abbiamo solo pistole fatte a mano e armi da fuoco a percussione“, ha confessato un residente del villaggio. “Quando pioveva, le pistole diventavano inutili. Ci sono molte vittime a causa dello squilibrio delle armi”. L’esercito del Myanmar è ben equipaggiato con armi moderne e vanta del supporto aereo e dell’artiglieria.
Secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Associated Press, gli scontri sono iniziati quando più di 100 soldati sono arrivati a bordo di quattro veicoli militari per proteggere Myin Thar e cinque villaggi limitrofi. La notizia trova conferma nelle parole del presidente locale, il quale ha riferito l’ultimo bollettino: tra le vittime si contano 11 membri della resistenza, incluso un insegnante di una scuola media, e 5 studenti. Secondo le prime ricostruzioni riferite da alcuni testimoni, il gruppo Tatmadaw, nome ufficiale delle forze armate birmane, ha dato fuoco a diverse case: molti residenti sono riusciti a trovare rifugio all’interno di un monastero.
Secondo le stime dell’Associazione per l’assistenza ai prigionieri politici (AAPP), l’associazione no profit thailandese per la difesa dei diritti umani basata in Thailandia, i militari hanno ucciso almeno 1.062 persone dall’inizio delle insurrezioni anti-golpe.
Fonte The Guardian, Associated Press
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