Simone Garroni, DG di Azione contro la Fame si è espresso in merito a quanto sta accadendo in Afghanistan: lanciato allarme.
“Una situazione estremamente allarmante. Rischiamo la catastrofe umanitaria“, queste le parole di Simone Garroni, direttore di Azione contro la Fame, una delle più grandi organizzazioni umanitarie a livello internazionale.
Stando a quanto riferito da Garroni, la situazione sarebbe seriamente preoccupante: ben 7 milioni di persone non potrebbero accedere a servizi primari e un bambino su due sarebbe malnutrito.
Afghanistan, l’allarme di Azione contro la Fame: “Rischiamo catastrofe umanitaria”
Intervistato dalla redazione di Tgcom24, il direttore di Azione contro la Fame Simone Garroni ha svelato l’ancor più tragico quadro che si cela dietro la questione afghana.
“Una situazione estremamente allarmante. Rischiamo la catastrofe umanitaria” queste le parole di Garroni il quale ha spiegato che la presa di potere dei talebani ha avuto quale conseguenza non soltanto l’attuale crisi umanitaria, ma anche un rincaro sui prezzi del cibo. Non tutti i cittadini, ha proseguito, sarebbero in grado di poter acquistare beni di prima necessità al punto che un terzo della popolazione vivrebbe una “insicurezza alimentare”.
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Il direttore dell’organizzazione umanitaria ha proseguito affermando, riporta Tgcom24, che ora la comunità internazionale è chiamata a dare aiuto al Paese e non far mancare alla popolazione i beni di prima necessità di cui abbisogna. “I civili afghani non devono diventare le vittime delle attuali vicende politiche” ha tuonato Garroni.
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Ma il quadro dell’Afghanistan era già precario prima della conquista di Kabul ed Azione contro la Fame lo aveva già reso noto. Di certo ad aver influito anche la pandemia, nonché i cambiamenti climatici. L’organizzazione, ha spiegato il direttore a Tgcom24, è attiva in ben 5 province e si occupa di nutrizione e salute attraverso centri e cliniche mobile. Realizza progetti di agricoltura con l’obbiettivo di potenziare la sicurezza alimentare dell’intera comunità. Fornisce acqua e offre supporto psicologico soprattutto alle donne da poco divenute madri. La loro azione capillare è resa possibile dal folto organico di operatori locali, ma 12 dipendenti dello staff non afghano che hanno dovuto lasciare il Paese ora non riescono più a farvi ritorno.
Non solo, l’organizzazione – ha proseguito Garroni- adesso starebbe incontrando non poche difficoltà dettate dall’interruzione della catena di approvvigionamento e del sistema bancario. Questo ha ovviamente reso difficile l’erogazione ed il trasferimento di denaro. L’inattività degli aeroporti poi, l’ennesimo ostacolo al rientro dei suoi dipendenti internazionali.
In chiosa Garroni ha lanciato un accorato appello alla Comunità internazionale: non lasciare da solo il popolo afghano, dimostrando che la vita delle persone supera ogni altra questione.
Bisogna inoltre fare in modo che gli operatori umanitari possano operare in sicurezza e soprattutto consentire a tutte le organizzazioni di continuare a lavorare senza dare conto ad eventuali sanzioni. Perché in questo caso – ha concluso Garroni ai microfoni di Tgcom24– “le vittime non sarebbero i talebani ma 38 milioni di afghani“.