Nell’epoca dell’abbondanza tendiamo ad assumere più energia di quanta ne consumiamo: ecco i meccanismi che regolano il senso di sazietà.
Rimanere in forma nell’epoca dell’eccesso e dell’abbondanza è una vera sfida. Abituati al consumismo alimentare, i nostri corpi spesso tendono a ingrassare perché costantemente sottoposti a una sconfinata catena di stimoli, offerti da un ambiente traboccante di risorse. Le nostre attitudini alimentari sono ben lontane dall’era dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori del Pleistocene; scopriamo insieme il motivo.
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Adattati a uno stile di vita esagitato; la frenesia tipica della nostra quotidianità si è ormai estesa e radicata dentro di noi: le principali vittime? I nostri corpi. Dall’agitazione allo stress, dallo stress alla fame: la mancanza di equilibrio, garantita da un ambiente inalterato e stabile, ha avuto tragiche conseguenze sul nostro modo di pensare e sulle nostre attitudini alimentari. Per condurre una vita sana è pertanto importante saper riconoscere e soprattutto comprendere i segnali del nostro corpo, nonché essere consapevoli dei meccanismi che presiedono alle nostre apparenti sensazioni.
A ognuno di noi è capitato almeno una volta di consumare del cibo per pura gola, noia, ricompensa o consolazione. In questo caso si parla di risposta a stimoli extrafisiologici, vale a dire necessità altre rispetto al bisogno primario della nutrizione. Questi ultimi sono spesso collegati a meccanismi inconsci legati al piacere o alla distrazione. La conferma arriva dal linguaggio neuronale del nostro cervello. L’area cerebrale regina del controllo della fame è l’ipotalamo. Nel suo nucleo arcuato, la struttura del sistema nervoso centrale contiene al suo interno due popolazioni di neuroni che comunicano con altre aree superiori adibite al regolamento del comportamento alimentare
I primi neuroni sono gli oressigeni, alla base della stimolazione dell’assunzione di cibo; attivati dalla grelina e inibiti dal glucosio, fonte di energia per l’intero organismo, dalla leptina e dall’insulina. I secondi neuroni sono gli anoressigeni, alla base della diminuzione dell’assunzione di cibo; attivati dal glucosio, dalla leptina e dall’insulina. In base al senso di sazietà cala anche la motivazione a mangiare grazie all’attività della cavità orale che invia stimoli sensoriali provocando la disattivazione dei primi neuroni dell’ipotalamo.
Eppure, questa motivazione spesso tende a riaccendersi, soprattutto di fronte a un cibo con caratteristiche percettive differenti e appetitose ai nostri occhi (consistenza, sapori, odori differenti). La dipendenza da alimenti zuccherini, come ad esempio il cibo spazzatura (junk food), si traduce in termini neuronali nel forte desiderio di rilascio di dopamina, l’alcaloide coinvolto nel sistema di ricompensa, la stessa area cerebrale del piacere che si illumina nelle tecniche di neuroimaging per dipendenze non solo alimentari (sostanze stupefacenti, nicotina, sport…).
In breve, il nostro senso di sazietà si basa su primordiali meccanismi adattativi, ossia sul modo in cui le nostre cellule nervose si accomodano agli stimoli dell’ambiente esterno.
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