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Lavoro 2020: i dati non sono buoni, le dimissioni aumentano

Il 2020 è stato un anno di cambiamenti, soprattutto in ambito lavorativo dove i dati non sono positivi. Ecco di cosa stiamo parlando

Lavoro (Foto di Lukas Bieri da Pixabay)

Il 2020 sotto certi aspetti, anche troppi, è un anno da dimenticare. L’arrivo del Covid-19 ha messo alla prova intere popolazioni che si sono ritrovate a cambiare le proprie abitudini e a stravolgere la propria vita sotto ogni punto di vista.

Il mondo de lavoro è quello che ha subito più conseguenze gravi, sono tanti ad aver perso il posto e molti si sono dimessi. Analizziamo i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

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Il lavoro nel 2020: dimissioni sopra la media

(Sue Styles da Pixabay)

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Secondo quanto riporta l’Ispettorato Nazionale del lavoro, nel 2020 si sono verificate 42.000 dimissioni di genitori con bambini da zero a tre anni con un calo del 18% rispetto al 2019. Inoltre, il 77% risultano essere donne.

Nel Rapporto Inl si legge: “La condizione di genitorialità ha strutturalmente un impatto diverso sulla partecipazione al mercato del lavoro di uomini e donne. Sussiste infatti una relazione tra la diminuzione degli indicatori relativi alla partecipazione e all’occupazione in coincidenza della maternità e in relazione al numero dei figli. In presenza di figli la partecipazione maschile aumenta e quella femminile si riduce”.

A quanto pare, la presenza di figli fa aumentare le dimissioni e le fasce di età più colpite sono quelle che vanno dai 25 ai 34 anni. Le donne sono le più colpite.

Inoltre, un altro motivo che rimanda all’elevato numero di dimissioni nell’ultimo anno è da riscontrare nella scadenza del contratto. Le interruzioni richieste dal lavoratore e dalla lavoratrice, comprese le dimissioni sono state 1,5 milioni.

(freephotos_pixabay)

Ancora una volta, alcuni pregiudizi non sono stati superati. La differenza di genere continua a farsi sentire e le donne sono sempre di più ad essere messe da parte, nonostante siano valide quanto gli uomini. Nel 2020 però si sottolinea il fatto che la priorità per la figura femminile sia quella di crescere un figlio, piuttosto che fare carriera.

 

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