La nostra intervista a Margherita Corrado, candidata a sindaco per la città di Roma per la lista civica “Attiva Roma”
Espulsa dal Movimento 5 Stelle per non aver votato la fiducia al premier Mario Draghi, ora l’archeologa e senatrice Margherita Corrado punta dritta alla conquista della Capitale. È, infatti, tra i candidati al sindaco per il Campidoglio, capolista dello schieramento civico da poco fondato “Attiva Roma”.
52 anni, originaria di Crotone, è membro della settima Commissione permanente “Cultura” del Senato, oltre che delle commissioni bicamerali “Antimafia” e “Segre”. Ai nostri microfoni ci ha spiegato il perché di questa scelta politica ed i punti salienti del suo programma polito per la riqualifica della città eterna.
Dall’esperienza in Senato alla discesa in campo per la Roma del domani. Come mai questa scelta?
La candidatura mi è stata proposta dai promotori del progetto civico “Attiva Roma”: persone che ho imparato a conoscere, valide sul piano umano e capaci nell’amministrare, delle quali Roma non può, a mio avviso, permettersi di fare a meno. Il fatto poi che abbiano convenuto con me di scegliere la cultura quale priorità del programma, consapevoli che porla al centro significa consentirle di orientare tutte le scelte politiche, mi ha convinta ad accettare. Di norma, la cultura è la cenerentola dei temi dibattuti in campagna elettorale, il che è paradossale ovunque, in Italia, ma a Roma in particolare. Se questa volta si è parlato (sia pure a sproposito, da parte di alcuni) di musei, monumenti, archivi, collezioni storico-artistiche, spettacoli e produzioni culturali contemporanee, gestione profittevole del patrimonio culturale è stato, ritengo, anche per l’input venuto da “Attiva Roma”. Personalmente, da agosto ad oggi ho visitato numerosi luoghi della cultura sia statali sia di competenza comunale, per fare diretta esperienza dei loro ‘tesori’ ma anche delle loro condizioni, dell’accessibilità, della qualità dell’offerta all’utenza, delle eventuali criticità, allo scopo di avere un quadro sufficientemente esaustivo da poter avanzare proposte ragionevoli e proficue nella prospettiva di una presa di coscienza, da parte dei cittadini e dell’amministrazione, della perfetta sovrapposizione dell’idea di Roma con l’idea di cultura.
Si è pentita, anche solo per un momento, della scelta che ha fatto che l’ha portata inevitabilmente fuori dal Movimento 5 Stelle?
No.
La cultura fra le tre priorità del suo programma, lei che è archeologa di lunga data, cosa crede che sia urgente fare per far rinascere la città più bella al mondo?
In tutto il mondo il nome di Roma è sinonimo di civiltà e del primato che l’uomo occidentale riconosce alle arti, dunque alla cultura. Questa dà al cittadino gli strumenti per leggere ed elaborare la realtà, rendendolo libero e capace di contribuire all’evoluzione della società anche mediante le scelte – compito della politica – utili ad assicurare equità e benessere collettivo. Sminuire il valore della cultura, come purtroppo accade non riconoscendo che nominalmente i suoi luoghi come erogatori di servi essenziali, ed anzi mortificandoli (com’è stato in particolare per i teatri da ben prima e per ragioni indipendenti dal Covid-19), escludendola dalle campagne elettorali così come dalle poste del bilancio degli enti locali, significa mortificare quella sorta di lievito che continuamente genera pensieri ed azioni volte al progresso spirituale, morale e materiale dell’individuo e del corpo sociale. Occorre dunque ribaltare la scala dei valori oggi corrente per mettere la cultura al vertice e consentirle di orientare verso l’umano tutte le decisioni. Roma è la città da cui questa rivoluzione può e deve partire, perché la conservazione e il recupero del passato consentano di realizzare le promesse del futuro. In concreto, occorre innanzi tutto ripensare la politica turistica della Capitale Poiché la misura del PNRR denominata Turismo 4.0 riserva a Roma 500 milioni di euro per l’investimento denominato CAPUT MUNDI, che prevede un lungo elenco di interventi sui beni culturali nell’area centrale e nelle periferie coinvolgendo, oltre al Ministero del Turismo, quello della Cultura e la Sovrintendenza Capitolina. Prima di desiderare il ritorno dei flussi turistici pre-Covid e cercare di attrarne di nuovi, bisogna, dunque, approfittando dei tempi lenti di recupero imposti dalla pandemia, cambiare modello e obiettivi, anche nella prospettiva del Giubileo del 2025.
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Qual è la sua risposta, da esperta del settore, alla visione “consumistica della cultura” del ministro Franceschini?
La deriva imposta dal ministro è semplicemente contraria ai valori costituzionali. È necessario abbandonare l’approccio consumistico che riversa decine di migliaia di persone solo in centro storico, rischiando di consumarlo e al contempo di rubarne l’anima, vuotandolo di residenti e annientando le attività commerciali non strumentali al fenomeno (compresi negozi e botteghe storiche), per ridistribuire le presenze nei 15 Municipi, sia perché i turisti vi alloggino sia perché godano della rete dei percorsi di visita (esistenti e da costruire). Tutti e 15, infatti, sono dotati di elementi di attrattività per chi voglia conoscere la storia della città e fare esperienza diretta delle testimonianze materiali che, dall’ottavo secolo a.C. ad oggi, questa raccoglie e conserva. Un maggiore coordinamento tra le varie centrali di responsabilità amministrativa favorirà senz’altro una più completa e corretta fruizione dell’immenso patrimonio culturale di Roma da parte dei visitatori ma anche dei residenti. L’appeal di Roma è infatti inestinguibile per chiunque sia di cultura occidentale o, avendo una diversa matrice, sia attratto dalla nostra civiltà, che proprio da Roma si è irradiata e in riva al Tevere ha concentrato, per oltre 2 millenni, il maggior numero e la più alta qualità di opere che testimoniano, come già detto, il primato riconosciuto dalla nostra cultura alle arti. Tutti, perciò, vogliono conoscere Roma e contribuire alla conservazione del suo patrimonio. Acquistare tale consapevolezza, da parte dei cittadini e dell’Amministrazione, significa orientare tutte le scelte in modo conseguente e questo non può che favorire e incrementare l’afflusso costante in città di studiosi e turisti.
E oltre alla cultura, in 5 punti come riassumerebbe il suo programma politico per salvare la Capitale dalla deriva?
È un programma realistico, il nostro, perché parte sempre dall’osservazione della realtà e dall’analisi dei dati di fatto, ma coraggioso e per certi versi rivoluzionario, perché pensato e proposto da cittadini liberi, che non hanno ispiratori né registi occulti ai quali dover rispondere o da cui prendere ordini. Un programma propositivo, che guarda in faccia le sfide in corso e future – penso alla pandemia ma ancor più all’emergenza climatica – e tenta di proporre iniziative, soluzioni, rimedi di buon senso, senza indulgere minimamente al compiacimento dell’elettore né alimentarne gli istinti bruti. Crediamo che Roma debba fare i conti con la presenza ormai pervasiva della criminalità organizzata, sia quella autoctona sia le mafie tradizionali e straniere, dotandosi di tutti gli strumenti necessari a combattere racket, usura e gioco d’azzardo ma anche assicurando la trasparenza degli atti e la corretta archiviazione della produzione documentale amministrativa, se si vuole contrastare la corruzione. Crediamo debba orientarsi verso un sistema di trasporti eco-sostenibile, anche per tener fede agli impegni assunti firmando il PAESC. Crediamo che, per affrontare in modo organico e strutturale il problema della produzione e dello smaltimento dei rifiuti, debba riavviare il Piano che fu dell’ex assessore alla sostenibilità ambientale Pinuccia Montanari. Siamo convinti che, poiché il consumo di suolo a Roma è di 3 mq al minuto, oltre a contrastare quell’impulso famelico, occorra far diventare l’attenzione al patrimonio arboreo e al verde in genere una priorità. E poi ci piacerebbe riprendere e dare attuazione al sogno di Antonio Cederna, che non è l’ingannevole GRAB ma il corridoio verde dall’area centrale fino all’Appia Antica.
I limiti, secondo lei, dell’amministrazione capitolina che si sono sommati fino ad oggi?
Negli ultimi decenni, l’affermarsi del neoliberismo sul piano internazionale e dunque anche in Italia e a Roma, ha favorito la tendenza delle Amministrazioni dello Stato, a tutti i livelli, a cedere a terzi i beni demaniali, che, appartenendo al popolo a titolo di sovranità, tant’è che gli Enti si limitano a prenderli in consegna e gestirli per suo conto, sono in realtà inalienabili e inusucapibili. Mi riferisco ai servizi essenziali, alle fonti di energia e di ricchezza in genere, al territorio e al patrimonio culturale. Roma Capitale ha fatto lo stesso, con le conseguenze negative che tutti sperimentiamo a causa del malfunzionamento delle cosiddette ‘municipalizzate’, una trentina fra fondazioni, S.p.A., società di servizi ecc., partecipate in diversa misura dall’Ente senza però un ufficio centralizzato che funga da regista nei confronti degli otto tra soggetti e centrali di responsabilità amministrativa individuati dalla Corte dei conti, per garantire che la priorità resti l’interesse dei cittadini e l’erogazione, a tutti, di servizi di qualità. Ciascuna municipalizzata, poi, possiede partecipazioni le più varie e impensabili: AMA, che ne ha 10, conta anche la Fondazione amici del teatro Brancaccio. Una razionalizzazione delle strutture esistenti si impone, dunque, insieme al recupero della interpretazione costituzionalmente orientata della funzione dei beni e dei servizi pubblici essenziali.
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E la cosa più urgente che farà se sarà eletta?
Mi hanno fatto in tanti questa domanda, nei giorni scorsi. Confermo i tre provvedimenti esemplari già illustrati agli altri media: volendo restare fedeli alle priorità indicate da “Attiva Roma” in campagna elettorale (CULTURA, LEGALITA’ e SOSTENIBILITA’), le prime delibere saranno volte una a rendere gratuito ai residenti l’accesso a tutti i beni culturali capitolini (e alle mostre temporanee allestite all’interno di essi), un’altra ad istituire lo Sportello Antiracket previsto nel decalogo che le associazioni “da Sud” e “Avviso pubblico” hanno proposto a tutti i candidati al Campidoglio, e che noi abbiamo sottoscritto (tra i pochi) il 25 settembre u.s., e la terza a stabilire che ai dipendenti dell’Amministrazione capitolina sia fatta formazione specifica per comunicare e interagire con i disabili, in modo da eliminare le paure legate alla mancanza di conoscenza delle condizioni di chi, nel corpo sociale, manifesta fragilità legate appunto alle diverse forme di disabilità, ma anche all’età e/o alla malattia, riducendo così il rischio che la dignità di queste persone e i loro diritti continuino ad essere violati.
In chiusura, cosa si sente di dire ai romani?
Vorrei che ciascuno si chiedesse, a proposito del cosiddetto voto utile, sempre invocato per tagliare fuori dai giochi partiti e liste civiche, a chi, negli ultimi vent’anni, è stato davvero utile quel voto. La lista civica “Attiva Roma”, formata in maggioranza da donne, annovera due consigliere capitoline uscenti che hanno ben operato e l’ottimo ex vicesindaco di Guidonia, anch’egli persona integra e amministratore capace. Gli altri trenta sono cittadine e cittadini attivi, nella professione, nel sociale, nella cultura, che non si riconoscono nei programmi dichiarati e neppure in quelli intuibili, peraltro fotocopie l’uno dell’altro, dei quattro ‘candidatoni’; cittadini che non si accontentano di votare il meno peggio e neppure si rassegnano a rinunciare al voto. Hanno voluto dare a se stessi e ai romani un’alternativa, nella convinzione che solo una rinnovata attenzione ai valori della Costituzione possa tirar fuori la città dalla palude in cui è immersa (Cederna la definiva capitale eterna, immobile e immobiliare!) e consentirle di affrontare con il coraggio richiesto da un ribaltamento della prospettiva corrente le sfide future, forte del recupero della sua dimensione internazionale di faro di civiltà, oggi ‘appannata’ ai nostri occhi ma vivissima a quelli del resto del mondo.
FRANCESCA BLOISE
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