A dieci anni dalla morte prematura del campione di motociclismo Marco Simoncelli suo padre Paolo è tornato a parlare di suo figlio durante un’intervista
Sabato prossimo 23 ottobre saranno esattamente dieci anni da quel terribile giorno per gli appassionati di motociclismo e non solo.
Quel maledetto istante in cui Marco Simoncelli sul circuito Sepang durante il Gran Premio della Malesia mentre era al secondo giro di pista scivolò tagliando la strada ai due piloti Edwards e Valentino Rossi che, per ironia della sorte, era un suo caro amico. Quando arrivò all’ospedale era già morto e non ci fu nulla da fare.
Oggi il quotidiano “Il Giornale” ha pubblicato un’intervista a suo padre Paolo che ne ha ricordato le gesta e l’affetto dei tifosi. Ancora oggi il pilota di Moto Gp è ricordato con grande affetto.
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“Non mi sembra che siano passati dieci anni. Sembra incredibile: il tempo passa ma Marco resta nel cuore di tutti e non se ne andrà mai”, così Paolo Simoncelli ha cominciato la sua intervista al quotidiano diretto da Augusto Minzolini.
Il papà del pilota motociclistico morto all’età di 24 anni ha raccontato che presto ci sarà anche un documentario su di lui dal titolo “Sic“, come veniva soprannominato. Il calore che provano i tifosi di tutto il mondo verso il campione prematuramente scomparso non si è mai spento e ha aiutato la sua famiglia a superare il dolore di questa perdita.
“L’affetto verso Marco è incredibile – ha dichiarato Simoncelli -. Ancora non capisco questo fenomeno mondiale. Non ho mai smesso di ricevere lettere, messaggi, mail, testimonianze d’affetto. Abbracci. Da ogni angolo del globo. Ogni giorno, e ogni giorno di più. Marco è più popolare adesso di quando combatteva contro Valentino Rossi, Jorge Lorenzo, Dani Pedrosa o Andrea Dovizioso“.
Ha poi aggiunto che le persone in giro gli mostrano tutt’ora i tatuaggi che ritraggono Marco o il suo numero di maglia, il 58. Il motivo di tanto calore e affetto è che Sic era “una persona semplice, autentica, genuina, sincera. Era in grado di toccare i cuori della gente, senza distinzione di nazionalità o età, semplicemente perché era vero”.
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