Non si arresta l’eruzione vulcanica a La Palma: la lava irrora la terraferma e muore nell’Oceano Atlantico, alterando sensibilmente la mappa dell’isola.
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“La cenere ha iniziato a piovere dal cielo. Non riuscivamo a respirare. Ogni giorno c’era qualcosa di nuovo: il filo di lava che si dirigeva verso di noi“, ha dichiarato Martin, residente di La Palma; mentre raccontava ai giornalisti la sua drammatica esperienza con l’eruzione del Cumbre Vieja. Stando a quanto si apprende dalla fonte National Public Radio (NPR), Martin è dovuto scappare altrove dalla sua famiglia. La lava era a 400 metri dalla sua abitazione: “non riuscivamo a respirare.”
Il testimone ha precisato che l’eruzione vulcanica è diventata ultimamente una meta e attrazione turistica: folle indistinte di persone si accalcano ogni giorno a La Palma per osservare le fiamme rosso fuoco “a volte sorseggiando del vino mentre si trovano accanto a migliaia di persone che, proprio come Martin, sono dovuti fuggire.” “I visitatori non si rendono conto… non possono immaginare la preoccupazione, la tristezza, l’incertezza su come sarà il domani, dove andrai, cosa ne sarà della tua vita, il lavoro…“, si dispera Martin.
Eruzione Cumbre Vieja a due mesi dall’eruzione
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Non si arresta l’attività del Cumbre Vieja. A due mesi esatti dalla sua prima eruzione, lo scorso 19/09, il vulcano a La Palma è più attivo che mai e continua a scuotere l’intero territorio dell’isola alternando violente scosse sismiche a fasi esplosive ed effusive. Situazione davvero delicata per l’arcipelago spagnolo: la colata lavica non accenna a fermarsi e continua la sua corsa dalla terraferma all’Oceano Atlantico alterando sensibilmente la mappa dell’isola. Secondo gli esperti non vi è alcuna prospettiva che l’eruzione vulcanica termini in breve tempo. Intanto il territorio irrorato dai fiumi di lava è sempre più esteso. Tra nuove bocche ed esplosioni di bombe di lava, il vulcano non dà tregua e la zona rossa si è ormai spinta oltre la località di Tazacorte.
Ingenti danni tra evacuazioni, edifici sradicati e campi completamente distrutti. Preoccupante anche l’immenso deposito di cenere che ricopre città e strade dell’isola, grande ostacolo per gli aeroporti locali che forza spesso le sospensione dei voli. Tra i problemi principali vi è l’inquinamento dell’atmosfera: secondo i dati ufficiali rilasciati dall’Istituto di Vulcanologia delle Canarie e dall’Università di Manchester, l’elevatissima quantità di anidride solforosa presente nell’aria, un gas dannoso per la salute, è simile a quella prodotta nel 2019 dai 28 Paesi membri dell’Unione Europea.
I dati della scorsa settimana riportano oltre 7500 evacuati e più di 889 ettari distrutti.