Estate 2014. Giugno. Sabato 14. Quella sera tutta l’Italia era davanti alla televisione in attesa di esultare per la nazionale azzurra impegnata nella prima partita del girone del Mondiale in Brasile contro l’Inghilterra. Quella sera in provincia di Milano, a Motta Visconti, è stato compiuto uno dei delitti più brutali del terzo millennio: la strage di Motta Visconti
Quando sono arrivati gli inquirenti dentro la villetta della strage di Motta Visconti dove sono morti Maria Cristina Omes e i suoi due figli, hanno trovato i mobili rovesciati, quadri e cassetti per terra. La scena di una rapina. Una rapina che sarebbe finita in tragedia. Questo ha provato far credere ai carabinieri di Abbiategrasso l’autore di questa efferata strage.
Poche ore, e poi è crollato nell’interrogatorio dopo aver consumato una pizza ed una birra. Ha inscenato una rapina, ma nessuno gli ha creduto fin da subito, nemmeno il padre del ragazzo che lavorava in un’ azienda olandese con sede a Milanofiori. Nemmeno lui ci credeva quando raccontava la rapina agli inquirenti con dei tagli sulle mani.
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“Ha ucciso la moglie e i suoi figli e poi è andato a vedere la partita”. Questo annunciavano i telegiornali il 15 giugno. 15 giugno 2014, il giorno dopo l’allora Ministro dell’Interno Angelino Alfano, avrebbe annunciato la cattura di Massimo Giuseppe Bossetti, l’assassino di Yara Gambirasio, ma questa è un’altra storia.
Si era invaghito di una sua collega Carlo Lissi. Non ha cercato la via più tortuosa, quella del divorzio. Ha cercato la via più “facile” secondo il suo disegno mentale, ma gli è andata male ed hanno pagato la moglie, una bambina di 5 anni e un piccolo di 20 mesi. Giulia e Gabriele. Dormivano entrambe, forse. Gabriele sicuramente si, è stato ucciso con una coltellata alla gola. Un padre che uccide un figlio.
“Ho conosciuto Maria a marzo. Condivideva la mia passione per la moto, abbiamo iniziato a parlare, andavamo a pranzo insieme, la nostra intesa aumentava. Non abbiamo mai avuto rapporti sessuali, lei aveva una relazione e mi ha detto che non avrebbe mai tradito il partner. Ma io ho creduto che lei fosse il vero amore. Ho iniziato a pensare alla separazione, avevo visto che ci poteva essere il divorzio veloce, ho chiesto a due miei colleghi: uno mi aveva detto di avere dovuto affrontare qualche sacrificio economico e di avere perduto l’affetto dei figli per colpa della ex moglie”. Ha parlato in questi termini, davanti al giudice del Tribunale di Pavia, Luisella Perulli, Carlo Lissi. Un racconto fatto tutto di un fiato. Freddo. Senza sentimento.
Nell’interrogatorio del 28 febbraio 2015, riportato dal Corriere della Sera, Carlo Lissi ha voluto riportare le motivazioni di quel massacro: “Avevo tanti pensieri, ma il mio fine era lei, avrei sopportato di stare da solo per qualche tempo con la prospettiva di attenderla. Pensavo a lei ogni momento libero. Non so se voi vi siate mai innamorati alla follia? Sentivo lo stomaco in subbuglio, attendevo sempre di vederla, pensavo a lei in continuazione. Volevo la separazione ma ero bloccato, preoccupato del giudizio dei miei genitori, dei parenti di lei, angosciato dal timore di una conflittualità in cui il rapporto con i figli ne avrebbe risentito”.
“Mi consideravo un buon papà e un pessimo marito . Prima di conoscere Maria ho avuto altre due esperienze extraconiugali con colleghe”.
Prima della strage, da quanto ha raccontato, ha cercato di parlare con la moglie. Ha provato a metterli davanti alla loro crisi: “Le ho detto che non ero felice, che mi ero innamorato di un’altra ragazza. Lei era incredula. Poi mi ha detto che mi odiava, che stavo rovinando una buona famiglia”.
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Il tutto è avvenuto intorno alle 23. L’Italia avrebbe giocato un ora dopo, e Carlo Lissi lo aspettavano al Pub i suoi amici. Ha sterminato la famiglia, ha inscenato la rapina e si è fatto una doccia. Poi è andato al bar. Ha mandato anche degli sms alla moglie Maria Cristina. Ha esultato ai gol di Balotelli e Marchisio, è tornato a casa ed ha chiamato i carabinieri: “Eravamo nella taverna. Ha cercato di tirarmi due sberle, l’ho bloccata. Poi è scappata di sopra e l’ho inseguita con il coltello che ho preso dal ceppo in cucina. Il primo colpo l’ho indirizzato al collo mentre ero alle sue spalle. Lei piangeva disperata e gridava “no”. Poi ha tentato di scappare dalla porta d’ingresso ma l’ho riportata dentro”.
Poi Gabriele e Giulia: “Cristina ha iniziato ad urlare chiedendo “perché? perché?”, ma io non riuscivo a fermarmi. Ho pensato di concludere il disastro sia con i figli che con me. Sono salito in cameretta e ho fatto quello che ho fatto. Sono andato in camera di mia figlia Giulia la porta era aperta ma lei dormiva non aveva sentito nulla. Era a pancia in su. Ricordo solo che le ho dato una coltellata alla gola dopo che le ho estratto la lama lei si è girata di lato e così è rimasta non ha detto nulla. Poi sono entrato in camera da letto dove c’era mio figlio Gabriele“.
Carlo Lissi, durante la sua prima confessione ha dato una versione diversa dei fatti: “Pensavo di aggravare la mia situazione e non vedere più nessuno, nemmeno i miei genitori”.
La domanda che tutti si sono chiesti è sui figli del perchè li ha uccisi cosi freddamente: “In quel momento non volevo che soffrissero senza il padre e la madre perché li amavo troppo. Però non riesco a spiegarmi neanche io…”. Davanti allo psichiatra racconta del suo rapporto con Cristina: «L’ho conosciuta nel 2003, lei era in un gruppo teatrale dove avevo l’incarico di sistemare le luci. Non ho avuto difficoltà per la differenza d’età. Anzi allora ti sentivi figo con una più grande”.
“In casa portava lei i pantaloni. Non mi faceva mancare niente ma da parte sua c’era poco coinvolgimento sessuale. Vedevo che tutti i miei amici uscivano e si divertivano, io invece facevo sempre meno cose. Non ero convinto di sposarmi”.
Ha distrutto una famiglia il perito informatico Carlo Lissi, ed ora è in carcere e ci resterà per sempre. L’assassino è stato condannato all’ergastolo ed ha rinunciato al processo d’appello. In prigione ci resterà per sempre.
“Ho rinunciato all’appello perché ritengo congruo l’ergastolo inflittomi”. Ha chiuso cosi questa triste vicenda dopo la condanna Carlo Lissi. La conclusione della strage di Motta Visconti che ha sconvolto l’Italia intera. Un uomo che non si è accontentato di trucidare con molte coltellate la moglie di cui non era più attratto, sia fisicamente che sentimentalmente. Ha buttato la sua vita e quella dei suoi figli sgozzati come un vero serial killer.
Davanti al pm Giovanni Benelli che gli chiese se non fosse stato meglio divorziare, Lissi rispose: “Il divorzio non avrebbe risolto, perché i figli sarebbero comunque rimasti”.
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