Strano ma vero, in una Regione italiana le dimissioni superano l’occupazione. Il motivo lascia senza parole.
Di questi tempi un posto di lavoro è un terno al SuperEnalotto. Purtroppo la crisi non tende a cessare, da due anni, il Coronavirus non ha fatto altro che interferire in modo negativo in una situazione economica, sociale e lavorativa già molto precaria.
A causa dell’aumento dei prezzi sull’energia e i carburanti nei mercati internazionali, l’inflazione è alle stelle. A subire il rincaro anche del 50% non sono solo le bollette di gas e luce ma anche i generi di prima necessità, come pane, pasta, latte, farina, ed i generi per la cura della persona.
Sono milioni le famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese e la situazione risulta davvero pesante. Lo Stato aiuta come può, con bonus e sostegni vari ma c’è ancora tanto, forse troppo, da fare, per far si che non si sfiori (per alcuni è già successo) la soglia di povertà.
In questa situazione molto difficile, che sembra quasi uno scenario apocalittico, ecco che il colpo di scena lascia tutti senza parole. In una Regione, nello specifico l’Umbria, che registra un alto tasso di dimissioni rispetto alle altre Regioni italiane. Scopriamo perché.
Uno studio portato avanti dall’Agenzia Umbria Ricerche ha dimostrato come nel periodo del Covid, e soprattutto a fine 2021, le dimissioni siano aumentate in maniera esponenziale. Questi dati sono stati esposti dalla presidente della Regione, Donatella Tesei, dai ricercatori Mauro Casavecchia ed Elisabetta Tondini e dal commissario straordinario dell’Aur, Alessandro Campi.
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In una videoconferenza è stato detto: “Sono quasi 6mila le persone interessate, il 77% del totale delle cessazioni” hanno sottolineato i ricercatori, “Cosa si nasconde dietro tutto questo, un fenomeno chiaramente non solo umbro, è presto per dirlo, ma il periodo del Covid ha fatto maturare atteggiamenti psicologici importanti. Sicuramente avranno fatto la loro parte gli strumenti di sostengo al reddito, oppure le dimissioni causate da abbandoni propriamente non volontari, ma frutto di decisioni programmate e accelerate durante la pandemia”.
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Naturalmente il fenomeno è da considerarsi positivo se si cambia lavoro e si accresce professionalmente, non in caso contrario.
Tutti i relatori hanno convenuto sul fatto che la vita, dopo e durante il Covid, sia cambiata notevolmente e che in linea di massima, nulla ritornerà più come prima. C’è un attenzione diversa alla vita, una sorta di loop che ci induce ad osservare sempre e comunque determinati comportamenti che ci limitano nelle libertà, sociali ma anche lavorative.
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