Nuovi progressi sul mistero della 63enne triestina rinvenuta senza vita lo scorso 5 gennaio: nuove tracce di dna sul cordino che stringeva i sacchi neri.
Resta aperto il fascicolo sulla morte di Liliana Resinovich. L’inchiesta sulla 63enne triestina, scomparsa il 14 dicembre e rinvenuta senza vita il 5 gennaio, prosegue ancora per “sequestro di persona.” Il caso è ancora oggi un groviglio di incertezze e misteri, ma, stando alle ultime dichiarazioni del Procuratore Capo di Trieste, vi sarebbero delle novità; “piccoli progressi“ emersi dalle attività dell’investigatore primo, la Squadra Mobile. Oltre ad accennare gli avanzamenti, l’alto funzionario De Nicolo non fornisce ulteriori informazioni in merito, preferendo il paziente silenzio a un “rumore” per nulla.
Omicidio o suicidio? A più di due mesi dal rinvenimento del cadavere di Liliana Resinovich, resta questa domanda sul fascicolo aperto contro ignoti per sequestro di persona. Il foglio degli indagati è ancora bianco e l’ipotesi degli inquirenti pende ancora verso l’ipotesi del suicidio. Il Procuratore De Nicolo ha affermato l’effettivo avanzamento di progressi in merito alle indagini supervisionate dalla Squadra Mobile. Le ultime novità condurranno il giallo alla risoluzione definitiva? In attesa della svolta, un dettaglio significativo è emerso dall’analisi del cordino che cingeva i sacchi di nylon.
Nuove tracce di Dna maschile sul cordino che stringeva i due sacchi neri attorno al cadavere di Lilly. Il risultato proviene dai laboratori della Scientifica: dalla collazione del materiale genetico. Si tratta di una contaminazione o è l’effettiva “firma” del responsabile del presunto omicidio? A seguito dell’esito, l’ex marito di Lilly Sebastiano Visintin, al momento non indagato, è stato prelevato in questura per un interrogatorio durato 4 ore. L’uomo ha confessato alla nota trasmissione Quarto Grado di essere “veramente scosso” per l’accaduto e per quanto sta accadendo: “Tutti questi mesi… Non capisco perché mi hanno preso il dna: me l’hanno chiesto e ho detto di sì.”
Nonostante il nuovo elemento provocherà un allungamento dei tempi dell’inchiesta, il dettaglio sembra del tutto ininfluente agli occhi degli inquirenti. Il dna rinvenuto sul cordino avrebbe difatti un difetto: si tratta di un dna misto. In altri termini, nella traccia coesisterebbe il dna della vittima, Liliana Resinovich, insieme al dna “sporco” di un terzo; ossia più lieve e di difficile identificazione. L’unico esame fattibile è quello dell’esclusione; troppo complesso, invece, quello della compatibilità.
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