La Ricerca scopre l’incredibile storia di una donna sopravvissuta al tumore dopo il vaccino anti coronavirus. Dalla metastasi alla scoperta del natural killer: l’analisi del caso.
Dopo la diagnosi oncologica dagli esiti negasti ottemperata da professionisti sul caso di una donna sessantunenne, residente negli Usa, uno scenario di sensazionale scoperta scientifica sul fronte medico si è stagliato dinanzi agli increduli occhi della squadra di ricerca avanzata in ambito ambulatoriale-universitario del MD Anderson Cancer Center, con base nella città texana di Houston.
L’interezza dello studio, e dello stato clinico della donna dopo la regressione del suo tumore, rara neoplasia alle ghiandole salivari in stadio avanzato, è stato poi successivamente reso pubblico sulla rivista specializzata in temi oncologici, e totalmente in open access, di “Journal for Immunotherapy of Cancer“.
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La metastasi si era protratta ai polmoni segnando uno scenario definitivo. A seguito di una prima operazione, mirata all’asportazione delle cellule tumorali, e ad un successivo ciclo di radioterapia, la donna si era sottoposta ai controlli di routine per verificare l’esito e la risposta del organismo alle cure apportatele.
Tali controlli, fra cui la Tac diagnostica e la biopsia, avevano segnalato in entrambi i casi un netto e rapidissimo peggioramento della situazione. Come spesso accade in casi di tumori rari e in cui l’interruzione del processo di metastasi può risultare più difficoltoso e il suo sviluppo nell’organismo alquanto imprevedibile.
In contemporanea all’aumento esponenziale di dimensione della maligna neoformazione, nel mese di febbraio, la paziente ha necessitato della ricezione di una doppia dose di vaccino anti Coronavirus. Vista, in primis, l’assoluta precarietà del suo sistema immunitario dato dalle terapie finora menzionate. Lo studio ha dunque riportato come, a poco tempo dalla ricezione di Moderna, si sia innescato un meccanismo di regressione sostanziale. Della massa tumorale quanto del suo stesso tessuto cellulare, e iscrivendo per tal motivo nei registri della Ricerca statunitense la seguente ipotesi.
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Quella di aver assistito ad un’intesa stimolazione del sistema immunitario per via dell’infiammazione indotta dai componenti del vaccino. E dunque a quello che potrebbe affermarsi come il naturale processo di creazione di un veicolo anti-tumorale.
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