Il giallo intorno alla ragazzina di Brembate di Sopra sembra non avere pace. Dopo anni spunta una nuova ipotesi che scaglionerebbe Bossetti.
Il cadavere di Yara Gambirasio è stato recuperato a febbraio 2011 dopo la scomparsa a novembre, tre mesi prima, nel comune di Brembate di Sopra, a pochi chilometri dalla palestra in cui era solita allenarsi.
In questi anni sono state vagliate moltissime prove che hanno portato alla condanna assoluta di Massimo Bossetti, unico indagato con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere.
Dopo 10 anni però le carte in tavola sembrano essere ribaltate con una nuova indagine. La difesa dell’uomo ha infatti chiesto di riesaminare i reperti confiscati relativi il Dna. Pare che stavolta la sentenza definitiva possa essere ribaltata.
Come dicevamo, la difesa di Massimo Bossetti vorrebbe riaprire il caso che lo ha condannato come unico colpevole dell’omicidio delle 13enne di Brembate.
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Già nel 2021 avevano chiesto di poter riesaminare i reperti confiscati legati al Dna della ragazza e del suo presunto assassino ma la cosa era stata negata. Oggi però le carte sono nuovamente in gioco sul tavolo della Procura di Venezia.
Come riporta il Corriere della Sera, questa ha iscritto nel registro degli indagati Giovanni Petillo, presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo, e Laura Epis, funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato.
Il motivo? Pare entrambi possano essere accusati di “frode in processo e depistaggio in merito alle prove contenenti il Dna del presunto assassino rinvenute sul corpo di Yara”.
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Gli avvocati di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, pensano infatti che qualcuno abbia nel tempo occultato deliberatamente le 54 provette contenenti il Dna trovato sul corpo della giovane.
Un gesto dunque doloso che avrebbe così portato ad incriminare l’uomo fino alla sua condanna definitiva. Ora gli avvocati si stanno battendo per far riaprire il caso ancora una volta, ma con esiti tutti da scoprire.
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