Operazione anti-mafia a Palermo: eseguite 9 ordinanze di custodia cautelare in carcere dopo un triplice omicidio ed una tentata uccisione.
Era il 2020 quando a Belmonte Mezzagno (Palermo) vennero uccisi Vincenzo Greco (muratore 36enne), Antonio Di Liberto (commercialista di 49 anni) e Agostino Alessandro Migliore (negoziante di 45 anni).
A salvarsi, invece, Giuseppe Benigno scampato all’agguato avvenuto in pieno giorno. Un triplice omicidio ed una tentata uccisione all’esito delle quali la Distrettuale Antimafia avrebbe attivato l’operazione Limes che oggi, a distanza di due anni, ha portato all’esecuzioni di nove ordinanze di custodie cautelari a Palermo per reati di vario genere.
Questa mattina i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Palermo, riportano i colleghi della redazione L’Unione Sarda, hanno eseguito 9 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip di Palermo nei confronti di altrettante persone presumibilmente appartenenti ai mandamenti di Misilmeri e Belmonte Mezzagno.
I provvedimenti sono giunti all’esito dell’operazione anti-mafia ribattezzata Limes che venne avviata nel gennaio 2020. Le indagini partirono dopo tre omicidi ed una tentata uccisione avvenuti a Belmonte Mezzagno. Un agguato nel quale persero la vita Vincenzo Greco, Antonio Di Liberto e Agostino Alessandro Migliore e a cui riuscì a scampare solo Giuseppe Benigno.
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La disposizione del Giudice per le indagini preliminare del Tribunale del capoluogo siculo, è giunta su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Le ipotesi di reato contestate sono: associazione di tipo mafioso, detenzione di armi clandestine e ricettazione con l’aggravante del metodo mafioso.
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Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, dopo i brutali omicidi, il mandamento di Belmonte Mezzagno sarebbe passato nelle mani di Agostino Giocondo il quale si sarebbe occupato di riportare la calma e gestire gli affari sul territorio, badando anche al sostentamento di affiliati in carcere. Per i carabinieri, inoltre, Giocondo avrebbe anche detenuto un arsenale di armi di proprietà del clan. L’ennesimo colpo che lo Stato sferra, dunque, alla mafia.
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