Un uomo, padre di famiglia e architetto, avrebbe organizzato una vera e propria strage in famiglia per un “progetto fallito”. Avviate nuove indagini sul caso.
Nella notte tra il 3 e 4 maggio si è consumato un omicidio efferato nel Varesotto e più precisamente a Samarate. Le indagini avviate sul padre e marito di Busto Arsizio portarono alla luce problemi legati a dei debiti economici.
L’uomo che avrebbe successivamente, dopo il ricovero psichiatrico, confessato l’omicidio di moglie e figlia avrebbe quindi spiegato agli inquirenti che le questioni economiche erano insopportabili. Ma del movente, anche solo psicologico, che avrebbe portato all’efferato omicidio, ancora non si è bene a conoscenza.
“Non piaceva l’opera finale”, il committente non aveva gradito il lavoro dell’architetto
Ad emergere dalle indagini che proseguono per l’omicidio Maja, sarebbero gli sviluppi sul motivo del gesto. Alessandro Maja, architetto 57 enne di Samarate, avrebbe ucciso la moglie Stefania e la figlia Giulia una sera come le altre. Ad affliggere Maja erano i debiti economici e insopportabili conseguenze sul suo stato psicofisico.
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Le indagini ora porterebbero alla luce, dopo quasi venti giorni dalla strage, a nuovi dettagli della vicenda. Sempre sulla pista delle difficoltà economiche si sarebbero indagati i motivi dei presunti debiti. Negli ultimi giorni si è quindi avviato un interrogatorio con i due commercialisti di Alessandro Maja. Uno gestiva le attività imprenditoriali dell’architetto, l’altro le questioni di famiglia.
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Alessandro Maja che in verità non era architetto bensì un semplice geometra avrebbe consegnato un progetto che sarebbe risultato inutile per il committente. Questo, una nota catena che gli aveva affidato il mandato avrebbe dovuto rimandare l’inaugurazione del locale. “Avrebbe completamente sbagliato un progetto – o si sarebbe convinto del fallimento – compiendo errori. Gli interventi doveva essere azzerati anticipando a proprie spese l’acquisto di materiale” riporta il Corriere della Sera. Maja avrebbe quindi avuto paura di una ricaduta a livello penale che avrebbe avuto poi conseguenze anche economiche.