730 con debito non pagato nei confronti dell’Erario: soluzioni e conseguenze, evitando la maxitrattenuta.
Ogni anno, entro il 30 settembre, il contribuente percettore di reddito superiore a 3.000 € nell’anno fiscale di riferimento, è chiamato a presentare il 730 per la dichiarazione dei redditi. Ne consegue che il dichiarante non debba versare nulla al fisco oppure che abbia invece maturato un credito IRPEF per importi versati in eccedenza. Può però anche accadere che egli sia debitore verso lo Stato, con un 730 a debito.
Se il contribuente risulta debitore nei confronti dell’Erario, deve immediatamente provvedere a saldare il debito, pena sanzioni straordinarie e accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate. In caso di sostituto d’imposta, sarà il datore di lavoro o l’ente erogatore di pensione a provvedere al pagamento del dovuto, altrimenti il singolo, tramite apposito F24 effettuerà i versamenti dovuti. In entrambi i casi, si ha tempo fino al 30 novembre 2022 per saldare il debito.
Nel caso di sostituto d’imposta, se la retribuzione o la pensione non sono sufficienti a saldare il dovuto, gli importi saranno trattenuti nelle buste paga successive, con l’applicazione di un tasso d’interesse legale sulle somme dello 0,40%. Inoltre, se il debito è particolarmente oneroso, è possibile anche richiedere una rateizzazione fino a un massimo di 5 rate, da luglio a novembre, termine perentorio per il pagamento del debito. In questo caso, gli interessi legali sulle somme sono dello 0,33%.
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Per ogni omesso, ritardato o non sufficiente versamento del debito dovuto, l’Agenzia delle Entrate applica una sanzione ordinaria del 30% di ogni importo non versato o parziale, cui si devono aggiungere gli interessi legali.
Il contribuente moroso può richiedere, tuttavia, un ravvedimento operoso, con cui si ottiene un ricalcolo della sanzione basandosi sulla data entro la quale l’importo doveva essere versato e il momento in cui viene saldato il debito, secondo le modalità contenute nell’art.13 del d.lsgs. 472/1997 e attraverso apposito F24. Tale possibilità, però, viene data al contribuente solo laddove non gli siano stati notificati atti di liquidazione e di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Se il contribuente con 730 a debito non ha provveduto a pagare il dovuto entro i termini e non ha fatto ricorso al ravvedimento operoso, l’Agenzia delle Entrate Riscossione emana nei confronti del moroso un avviso di accertamento, cui il contribuente può rispondere provvedendo al pagamento (l’acquiescenza, che prevede anche una riduzione delle sanzioni), oppure impugnandolo entro 60 giorni, dando il via a un contenzioso tributario.
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Nel caso l’avviso di accertamento riguardi imposte dirette (come l’IRPEF), esso è esecutivo, ossia scaduti i termini per il pagamento e l’eventuale ricorso da parte del contribuente, l’esattore può procedere direttamente all’esecuzione sui beni del debitore, senza ulteriori avvisi, a condizione che sia stato riportato l’avvertimento che decorsi i 30 giorni dal termine utile per il pagamento, la riscossione delle somme dovute sarà affidata agli agenti della riscossione.
L’avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione deve pervenire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello cui la dichiarazione o il versamento avrebbero dovuto essere effettuati, dopodiché cade in prescrizione.
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