Il serial killer britannico aveva ottimizzato un piano per avvelenare chi aveva intorno. Adorava la Germania nazista e i veleni
Una vita spesa all’insegna del veleno più forte e della formulazione più efficace. Graham Frederick Young, serial killer inglese era nato a Neasden in Inghilterra ed era sempre stato affascinato dai veleni, dal loro effetto sul corpo umano e dal nazismo. Fin dalla giovane età studiò e si concentrò su quel periodo storico, conoscendone retroscena e dettagli oscuri.
E’ nel 1961 all’età di soli 14 anni che G.F. Young cominciò a sperimentare l’utilizzo di veleni e pozioni su persone della sua famiglia. Le persone colpite stavano violentemente male poichè i suoi esperimenti consistevano già in dosi abbastanza potenti. Si procurò antimonio e digitale, affermando di avere la maggiore età e giurando di utilizzare i veleni a fini scientifici. Il primo delitto risale al 1962 quando fu la matrigna di Young, Molly a morire per una dose letale di veleno. Fu arrestato una prima volta e confessò i tentati omicidi del padre, della sorella e dell’amico. Fu condannato quindi a 15 anni di reclusione in un istituto psichiatrico per criminali mentalmente instabili.
Il datore di lavoro inconsapevole della sua passione per i veleni e le ripetute scene del tè: morti tutti i colleghi
Dopo il suo rilascio, nel 1971, G.F. Young lavorò in uno studio fotografico sotto un datore di lavoro inconsapevole delle sue passioni nei confronti dei veleni. Fu così che poco dopo la presa di servizio, riprese i suoi esperimenti e cominciò un vero e proprio rito nei confronti dei colleghi: ogni pomeriggio serviva tè avvelenato con sostanze come l’antimonio e il tallio.
In tutto il reparto si diffuse una malattia non ben identificata che venne soprannominata “il Morbo di Bovington” ma che venne poi ricondotta agli esperimenti nel tè di Young. Nella sua vita riuscì ad avvelenare circa 70 persone e ne uccise 3. A quel punto cominciò un’inchiesta sulle morti ingiustificate e sulle malattie che colpivano i vari dipendenti. Così Young fu arrestato e nel suo appartamento venne trovato un diario dove appuntava meticolosamente tutte le dosi di veleno somministrate, gli effetti raggiunti e la decisione o meno di mantenere in vita la persona. Venne quindi condannato all’ergastolo e morì nella sua cella a 42 anni nel 1990. La causa non fu mai chiara ma si suppone siano stati i suoi compagni di prigione a farlo fuori.