La vita dei lavoratori in ufficio diventa sempre più difficile, già da questa settimana molte persone dovranno fare i conti con nuove regole per quanto riguarda lo smart working.
Pensavamo che fosse finita ma oggi, lunedì 29 agosto per moltissimi lavoratori di ritorno dalle ferie estive le cose cambiano ancora. Con il Covid si è dato ampio spazio al lavoro da casa, chiamato smart working, italianizzato come “lavoro agile”, per consentire ai lavoratori soprattutto impiegati in ufficio di poter svolgere le loro mansioni comodamente seduti a casa propria.
Per molti è stata l’occasione per stare di più insieme alla propria famiglia, uno stratagemma che ha favorito non solo una maggiore salute mentale delle persone ma anche quella ambientale visto che ha tolto milioni di auto private su strada.
Se per tanti sembrava un ottimo compromesso ora però le cose stanno cambiando.
Con la fine del pericolo Covid si sapeva che le cose sarebbero cambiate ma si pensava che visti i moltissimi vantaggi dello smart working si potesse mantenere un 50-50 da suddividere tra casa e ufficio.
Peccato che il recente decreto Aiuti bis varato dal Consiglio dei Ministri abbia cambiato le carte in tavola, ed i progetti, di moltissimi dipendenti pubblici…
Pare infatti che i Ministri abbiano deciso di non prorogare le norme sul “lavoro agile” che consentiva ai lavoratori di proseguire il proprio lavoro direttamente da casa con poche e sporadiche apparizioni settimanali in ufficio.
Da oggi però la situazione torna indietro al periodo pre-pandemia, o meglio al 2017 quando è stata emanata la legge n.81 sulla definizione del lavoro in ufficio.
L’unica agevolazione verrà data in casi straordinari da accordare direttamente con il datore di lavoro che comunicherà all’Inps i nuovi programmi con quel singolo lavoratore.
Un dato che colloca l’Italia ancora una volta come fanalino di coda rispetto l’Europa ed in particolare i Paesi del Nord dove invece lo smart working proseguirà per venire incontro alle esigenze dei dipendenti e garantire un rispetto ambientale (nonché di benessere psicofisico) maggiore.
Il nostro Paese faticherà a garantire il 13% di lavoro da casa a differenza dei cugini europei che si attestano intorno al 20-30%.
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